Influenze di Federico Barbarossa in Italia

Federico I Hohenstaufen, più noto come Federico Barbarossa, ascese al trono del Sacro Romano Impero nel 1155, tre anni dopo la sua incoronazione a sovrano di Germania. Suo padre era il duca Federico di Svevia, mentre sua madre, Giuditta di Baviera, apparteneva alla dinastia bavara dei Welfen, una delle più antiche ed illustri casate nobiliari d’Europa. In Italia questo clan familiare ispirò la nascita del partito italiano dei guelfi. La casata, infatti, stava per estinguersi alla fine del XI secolo con la morte di Guelfo III, duca di Carinzia, il quale non aveva eredi, riuscendo però ugualmente ad assicurarsi una discendenza con l’adozione di un parente italiano, ovvero Guelfo IV d’Este. Questo membro della famiglia univa il sangue italiano degli estensi a quello tedesco dei Welfen, era infatti figlio di Alberto Azzo d’Este e di Cunegonda di Altdorf, sorella di Guelfo III. Si comprende così lo stretto legame che univa il destino di Federico Barbarossa all’Italia già dal momento della sua nascita e che fece considerare favorevolmente la sua incoronazione ad imperatore non soltanto dalla maggioranza dell’elettorato tedesco, ma anche dai guelfi italiani.

Dipinto di Federico Barbarossa

Dipinto di Federico Barbarossa

Il primo obiettivo del nuovo imperatore fu il rafforzamento dell’autorità imperiale su tutti i territori dell’impero, a tale scopo, il Barbarossa convocò una dieta che ebbe luogo nel marzo del 1153 presso la città di Costanza. A questa dieta parteciparono i maggiori principi dell’impero, alcuni ambasciatori del papa ed i rappresentanti dei comuni italiani di Lodi, Pavia e Como; questi ultimi si appellarono al Barbarossa affinché li proteggesse dall’arroganza di Milano, che, dopo una serie di vittorie sulle altre città lombarde, poneva forti limiti alla loro autonomia. Federico vide in questo appello un’ottima occasione per rinsaldare il proprio potere in Italia, decise quindi di intervenire in favore dei nemici di Milano. Nei suoi progetti, ciò gli avrebbe assicurato il controllo assoluto del Nord Italia e, successivamente, del Regno di Sicilia, convinto sostenitore dell’idea di impero universale. Federico infatti, sperava così di sottomettere al suo dominio l’intera penisola italiana, affermando allo stesso tempo il primato del potere imperiale sulle pretese temporali del papato.
Le condizioni per una campagna italiana, in quel momento, erano particolarmente favorevoli all’imperatore, il suo intervento era infatti caldeggiato sia dai comuni lombardi ostili a Milano, sia dalle casate nobiliari in lotta contro la crescente spinta autonomista dei comuni.
Nella fase iniziale della guerra in Italia, il Barbarossa riuscì effettivamente ad affermare il suo potere grazie ad alcuni assedi dall’esito fortunato, durante i quali Milano e diverse città sue alleate furono sconfitte. Milano però si rifiutò di accettare le condizioni imposte dal Barbarossa, che reagì devastando l’intera pianura padana. Diverse città lombarde furono distrutte, altre dovettero accettare un presidio imperiale.
Negli anni successivi l’imperatore sottomise varie zone del centro e del sud Italia, ma dovette tornare periodicamente in Germania per il sorgere di contrasti con il papa e gli altri alleati. In aggiunta la riottosità di diverse città della penisola, indebolirono progressivamente la sua posizione, dando modo ai comuni lombardi di organizzare la resistenza e di fondersi in un un’unica grande lega che ebbe il nome di “Lega Lombarda“. Questa lega restò celebre soprattutto per l’epica battaglia combattutasi a Legnano il 29 maggio del 1176, nella quale Federico Barbarossa ricevette una pesante sconfitta che lo indusse a rinunciare definitivamente ai suoi progetti in Italia. Queste campagne militari imperiali ( quattro in tutto ) hanno lasciato profonde tracce nella nostra cultura e nel costume di tantissime località del nord Italia. Ancora oggi, nonostante questi eventi siano molto lontani nel tempo, diverse tradizioni ci raccontano il modo di pensare, di sentire e di concepire la vita proprio di questi nostri remoti antenati.
Le città lombarde, in modo particolare, conservano ancora usanze che risalgono alla venuta del Barbarossa in Italia. A Como, ad esempio, il primo e il secondo fine settimana di settembre sono dedicati al “Palio del Baradello“, manifestazione che prende il nome da un castello fatto costruire dall’imperatore sulle alture intorno a Como nei giorni della sua permanenza in questa città, sua alleata contro Milano. Questa manifestazione celebra proprio il ricordo del passaggio dell’imperatore a Como e si svolge con spettacoli di sbandieratori, regate sul lago e giostre fra varie squadre che rappresentano i borghi della città.
Di chiara derivazione teutonica sono i “Marziroo“, un’antica festa agricola comasca nella quale bambini e ragazzini passano di casa in casa suonando campanacci e corni, questi riti si celebrano nel mese di marzo e provengono dalle antiche celebrazioni celtiche volte a risvegliare la natura e ad annunciare la primavera.
A Legnano, città della leggendaria battaglia finale, si festeggia ogni anno, nel mese di maggio, la “Sagra del Carroccio“. La sagra trae il suo nome dal grande carro trainato da buoi recante le insegne della città meneghina e intorno al quale si raccolsero durante l’epica battaglia tutte le milizie della Lega. Secondo le fonti, in quell’occasione il carroccio fu difeso dalla “Compagnia della morte”, una milizia scelta guidata da Alberto da Giussano. In tempo di pace il carroccio veniva custodito all’interno della cattedrale. Questa festa dedicata alla battaglia di Legnano è sontuosa e complessa. Il giorno della vigilia, per le strade della capitale meneghina sfilano otto contrade di Legnano con i rappresentanti delle sei porte della città di Milano. Nel giorno della festa, che si svolge a Legnano, viene celebrata una messa solenne sul Carroccio con un Palio disputato dai cavalli delle otto contrade.
Anche nelle altre regioni italiane, la liberazione dalla tirannia del Barbarossa viene ancor oggi celebrata con feste solenni. Ad Acquapendente, ad esempio, località della provincia di Viterbo, si festeggia la liberazione dal Barbarossa con i famosi “Pugnaloni“. Questa festa trae la sua origine da un evento miracoloso verificatosi nel 1166, nel quale la Madonna annunciò la prossima liberazione del luogo dal dominio straniero. Secondo la tradizione, gli abitanti di Acquapendente trovarono il coraggio di ribellarsi al Barbarossa non appena un ciliegio, secco da anni, rifiorì miracolosamente sotto gli occhi di due contadini, a simboleggiare la protezione della “Madonna del Fiore” sul popolo oppresso. La festa dei Pugnaloni si celebra ogni anno nel mese di maggio con un’esposizione di grandi quadri ricoperti di petali di fiori, foglie ed altri materiali: queste opere rappresentano gli antichi “pungoli” che, durante le feste religiose medioevali, i contadini del posto portavano in processione ornati di guarnizioni floreali. Mentre i quadri restano esposti nella cattedrale e nei suoi dintorni, per le strade della città hanno luogo il corteo storico con gli sbandieratori e la processione religiosa della Madonna del Fiore.

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