Fiorito nel tardo periodo ellenico, l’Ermetismo è così chiamato perché, si suppone, fu dettato da Ermete Trismegisto. Ma già nell’antico Egitto, verso il IV secolo a.C. esistevano degli accenni a questo tipo di corrente oscura e di difficile interpretazione.
Nella Grecia i testi definiti ermetici avevano la forma di conversazioni in cui un illuminato, rivelava dei segreti ai suoi discepoli come una sorta di patrimonio trasmesso che concede il sapere ed offre un potere magico, a volte, anche demiurgico. Questa visione può essere considerata come una sorta di venerazione verso i filosofi e sapienti che venivano sentiti come maghi in possesso di segreti, da parte di tutte quelle persone che non erano al loro livello.
Si tratta di un dettame popolare che reputa la conoscenza come un’arma in grado di dominare il mondo e che deve essere riportata da una generazione all’altra affinché non si perda. Da questo punto di partenza si deve l’assidua ricerca alle tradizioni e ai canti dimenticati, che vengono riproposti in scritti ermetici che si rifanno alla cultura degli Egizi antichi attraverso uno schema di tipo ellenico, utilizzato da Platone, Erodoto e altri antichi filosofi.
Le correnti individuate da studiosi della materia sono state decifrate in due ben definite: un Ermetismo filosofico ed uno popolare. Al primo si legano opere metafisiche dove sono evidenti la concezione dualistica e la concezione panteistica. Al secondo si legano opere di alchimia, magia ed astrologia.
L’Ermetismo può essere agevolmente allineato allo gnosticismo per via della contrapposizione tra il mondo della materia e quello delle idee che svilisce ogni condizione vissuta dallo spirito caduto nella materia. Nonostante questa affinità, l’Ermetismo non divenne mai (e neppure era questa l’idea di base) una vera e propria religione, ma solamente un aspetto mistico che rifiutava il mondo nella sua materialità.
L’Ermetismo è possibile scoprirlo nelle esperienze del Surrealismo e del Simbolismo di Mallarmé che aveva intessuto una nuova cultura poetica. Ancor prima, Baudelaire e i simbolisti francesi, hanno utilizzato la distruzione dei nessi grammaticali e la riscoperta della parola come più alto valore reale, utilizzando termini arcaici e rari che avevano come fulcro la solitudine dell’essere umano perso in una ostile realtà, con una natura che non si conosce e dove sono presenti simboli da comprendere e presenza misteriose.
Il critico Flora nel 1936 utilizzò il termine ermetico equiparandolo all’oscurità e analizzò in modo particolarmente severo le devianze criptografiche della nuova poesia che vede, nell’Ermetismo, l’ultimo valore di un mondo che è la causa di tutti i mali. Si tratta di una concezione che già apparteneva alle caratteristiche della poesia crepuscolare che avevano rigettato la retorica dannunziana.
In effetti gli autori ermetici non descrivono e non narrano nulla, ma si limitano a scrivere frammenti di verità come baciati da una rivelazione animistica non influenzata dalla ragione.
Gli ermetici in Italia sono lontani dall’essere sociale e dopo la Grande Guerra ( Prima Guerra Mondiale ) e l’avvento del fascismo si sentono isolati e perennemente alla ricerca di un qualcosa di riservato che a pochi eletti. Contrariamente a quanto era di moda allora, il Decadentismo Dannunziano che prediligeva l’estetica e la letteratura pascoliana, definita malinconica e troppo soggettiva. La corrente ermetica si infrangeva anche al futurismo per l’insopportabile retorica. Il filo conduttore è la perenne ricerca del significato della vita tramite un’introspezione del proprio essere e la visione pessimistica della vita caratterizzata dal male di vivere. Tutto questo produsse una poesia di altissimo contenuto filosofico.
